UNA PARTITA ASSURDA CHE NON SI E’ GIOCATA E CHE IL LUCERA CALCIO AVREBBE VINTO

Forza Lucera Sempre

Avevamo pensato di scrivere la cronaca di una partita assurda, una partita impossibile, che mai si potrebbe giocare. Lo volevamo fare al solo scopo di esorcizzare per un po’ la pesantezza e, se vogliamo, anche l’angoscia di giorni che mai avremmo pensato di poter vivere, chiusi in casa e con il Paese fermo per difendersi dall’attacco virulento e maligno del coronavirus. Sarebbe stato per gioco e perché ci manca non andare allo stadio, la domenica pomeriggio; un modo, insomma, per non rompere il contatto con la “comunità del Comunale”.

Ma che partita? Perché assurda? E’ presto detto.

Avevamo ipotizzato una gara tra il Lucera Calcio e avversari improbabili e temibilissimi, qualcosa di surreale. Curci, Di Gioia, Balletta e compagni (il Lucera di questa stagione) schierati di fronte allo Sporting Coronavirus. In palio, la salvezza da questa epidemia. Ovviamente, il Lucera Calcio avrebbe vinto e salvato il mondo, dopo novanta minuti tiratissimi, drammatici e un finale rocambolesco, una sfida epica. La vittoria degli undici gladiatori biancocelesti avrebbe condannato il virus alla retrocessione nell’oblio perenne, lontano dalle speranze di chi un futuro migliore lo vuole e lo costruisce con quotidiani sacrifici.

Ma poi, visto il numero dei morti, che continua a crescere, viste le proporzioni di questa tragedia che tocca nel profondo e distrugge anche la vita di chi, comunque, deve tirare avanti è stato giusto, per rispetto, rinunciare a questo gioco, a questo divertente esercizio di fantasia davanti allo schermo del computer.

La comunità sportiva, però, è viva; si sente unita e ha voglia di tornare in campo, in tutti i campi, pur provando tanta rabbia. Il nostro campo è, ovviamente, il Comunale, che oggi è vuoto e solitario, senza calciatori, senza pubblico, senza nessuno, ma non senza i ricordi, che affollano la nostra memoria collettiva tinta di bianco e di celeste. Il blasone parla chiaro: noi siamo il Lucera Calcio.

Peschiamo, allora, tra quei ricordi, i momenti più esaltanti e significativi nei quali abbiamo sorriso, ci siamo abbracciati, e abbiamo urlato di gioia. Immaginiamo di essere sugli spalti a fare il tifo con grande passione, “amici anche se non ci conosciamo”, come canta Antonello Venditti, e fissiamo la mente su un’azione, una prodezza, un goal, una punizione all’incrocio, una parata da saracinesca umana, come ne abbiamo viste tante. Fissiamo la mente su tutto quello che, allo stadio, ci ha fatto sentire fortunati, pur senza assistere ad una partita di Champions League. Solo genuino calcio dilettantistico.

Ognuno di noi scoprirà, nella storia biancoceleste, una scintilla di felicità, grande o piccola che sia, il trionfo nella Coppa Italia regionale o una goleada all’ultima in classifica. Scopriremo, però, che quelle imprese erano anche preghiere. Sì, preghiere, per continuare a vivere la serenità e la bellezza del calcio; non ci pensavamo, ma erano preghiere per continuare, se vogliamo, a fare una vita normale, che oggi ci manca. Ogni desiderio è una preghiera. 

La vita normale ha in sé tanta bellezza e tante emozioni; è solo che non ce ne accorgiamo; è solo che smettiamo di combattere. Smettiamo di cercare bellezza ed emozioni, pensando che, a volte, non ne valga la pena.

E, oggi, che siamo in gabbia, che combattiamo una guerra contro un nemico invisibile e spietato che ci costringe a giocare completamente in difesa, tutti arretrati nella nostra area di rigore, vorremmo almeno un poco di quella vita normale, almeno un pezzo di quelle partite.

E ci resta la preghiera, senza retorica, ma tutti insieme, col pensiero, al Comunale, cattedrale laica. Abbracciati, come corpo unico. Uniti ma distanti, a casa nostra, rispettando con scrupolo le disposizioni vigenti per limitare il contagio, per vincere e per poter, presto, gioire della bellezza della nuova vita, più consapevolmente, gridando Forza Lucera.

Forza Lucera Sempre. Anche questa è una preghiera.

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