Pane e cecità della politica – aumenta la povertà assoluta in Italia

Milano, fila nei pressi della sede della Onlus Pane Quotidiano (immagine dal Web)

La povertà assoluta continua a crescere e tocca i valori più alti dal 2005.

Le stime preliminari dell’Istat per il 2020, forniscono dati che sono impietosi sia per le famiglie, + 335mila, dal 6,4% del 2019 al 7,7%, sia per i singoli cittadini, dal 7,7% al 9,4%, un incremento superiore al milione di individui, che si attestano in totale a 5,6 milioni.

La pandemia ha fatto la sua parte ma, soprattutto, a determinare questo quadro così allarmante, sono state le scelte del potere politico che hanno messo via via il Paese nella condizione di non riuscire a rispondere in modo adeguato alla crisi economica e a quella socio-sanitaria provocata dal Covid.

Oggi, la povertà tocca anche lo strato di società che una volta si chiamava classe media; mentre, i ceti più agiati patiscono limitate difficoltà. In Italia, è sempre più ampio il divario tra chi ha di più e chi ha di meno, e tra nord e sud del Paese, con la ricchezza concentrata nelle mani di pochi.

La presenza numerosa di persone nei pressi dei luoghi dove, nelle città, le associazioni di volontariato distribuiscono generi di prima necessità sono la testimonianza di un disagio che, ormai, ha fatto irruzione anche nella vita di coloro che, un tempo, potevano sentirsi sufficientemente al sicuro. A sperare di ricevere qualcosa, in fila, non attendono solo gli stranieri e i senzatetto, ma anche gente il cui impoverimento è recente; sono italiani che non arrivano a fine mese con lo stipendio o la pensione e sono costretti a rivolgersi alle reti solidali, che, per fortuna, arrivano dove lo Stato è colpevolmente assente. Le ultime, sanguinose ferite inflitte dalle disparità imputabili alla crisi strutturale e di sistema del liberismo economico che antepone a tutto, sempre e comunque, le ragioni del profitto.

Il Coronavirus ha demolito un modello di sviluppo insostenibile che produce iniquità sociale e sanitaria (c’è chi rinuncia a curarsi), precariato, disoccupazione, in particolare per le donne, emarginazione, attacchi all’ambiente, ostacoli alle politiche ecologiche.

Impegnato a difendere le sue rendite di posizione, tuttavia, un ceto politico quasi del tutto immobile e senza slanci di dignità rimane subalterno ai potentati economico-finanziari – che dettano le regole del gioco – e continua ad essere, perciò, incapace di alimentare una nuova coscienza civile e, di conseguenza, indicare all’orizzonte l’alternativa praticabile che sappia riportare il Paese nella giustizia del dettato costituzionale, quindi, nella visione complessiva, per ogni cittadino, dei suoi diritti e dei suoi doveri. In pratica, verso la democrazia.

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