Il coronavirus si è portato tante persone all’altro mondo e ha stravolto la vita di quelle che sono rimaste. Ci chiediamo come saremo quando la pandemia cesserà definitivamente; come ci comporteremo tornando alla nostra quotidianità, con le vecchie abitudini e gli spazi da condividere insieme agli altri. Perché gli altri rimangono, nonostante tutto, la nostra inevitabile controparte, con la quale bisognerà riprendere i contatti, a meno che la quarantena non abbia convinto qualcuno a trasferirsi su un’isola deserta, dove reinventarsi in definitiva solitudine, per il resto dei suoi giorni.
Allora, nel vecchio mondo ci torneremo, ma diversi rispetto a prima; probabilmente, saremo più diffidenti e, allo stesso tempo, se abbiamo imparato qualcosa, più attenti al significato della vicinanza, a quello che l’altro rappresenta al di là delle apparenze. Abbiamo vissuto distrattamente le relazioni umane, almeno tante di quelle che ci sono capitate. Distratti noi, distratti loro e, intorno, un “sistema” di cose divenute via via “sconosciute”; perché, presi dai nostri piccoli interessi personali o di gruppo, abbiamo tracciato dei confini, riducendoci a vivere, reclusi inconsapevoli, in uno spazio circoscritto, in cui abbiamo fatto entrare solo quanto ritenuto utile ai nostri interessi del momento.
Oggi, la permanenza in casa, tra quattro mura vere, imposta per contrastare la diffusione del contagio, fa allungare lo sguardo su come siamo stati prima. Perciò, scopriamo che, più o meno complici, siamo stati tirati dentro a un meccanismo cinico in larga parte fondato sull’esclusione e sull’edoismo, sulla competizione con chi ci stava vicino, per avere più vantaggi, privilegi, più visibilità. Un meccanismo indotto che ci ha resi sempre più deboli e ansiosi; infatti, il covid – 19, spazzando via tutto, ci ha lasciati angosciati e senza punti di riferimento.
Dopo settimane di necessaria quarantena e doveroso distanziamento sociale, con la Fase 2, vogliamo uscire; “rivogliamo la libertà”, dicono in molti. Ma quale libertà vogliamo? La libertà di ritornare nei bar, nei ristoranti, al cinema; di ritornare dal parrucchiere, dall’estetista, nei centri commerciali; la libertà di andare al mare? E’ solo questa la libertà che vogliamo? O vogliamo anche, e prima di tutto, la libertà di pretendere – ora più che mai – una sanità più vicina al cittadino, una sanità per tutti; un mondo del lavoro non “cinesizzato” nei diritti, senza precariato; politiche economiche che conducano al benessere generalizzato, libere dai laccioli dell’austerità, dai ricatti delle lobby e delle mafie, dalle prepotenze della globalizzazione; un ambiente salvaguardato, perché la natura non ci sopporta più; una comunità inclusiva, solidale, che sappia rispettarsi e volersi bene in un Paese a una sola velocità, quindi, senza disparità tra Nord e Sud e senza emigrazione da Sud a Nord? Quale libertà vogliamo? Sappiamo quale libertà vogliamo?
Se non abbiamo capito, in questi lunghi giorni di isolamento, che il vecchio mondo, profilatosi negli ultimi decenni, è stato messo in crisi perché iniquo e sbagliato, tutto resterà come prima.
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