Il sindaco di Lucera, Antonio Tutolo, la sera di domenica 5 aprile, da quanto si è appreso da facebook, ha sospeso lo sciopero della fame che stava attuando, rimanendo anche di notte nel suo ufficio, a Palazzo Mozzagrugno. Tutolo, probabilmente, ha preso la decisione di sospendere la protesta, perché investito dalle molteplici critiche piovutegli addosso dopo che, durante la quotidiana diretta, aveva parlato di un invito a pranzo di moglie e figlio a casa di parenti. In buona sostanza, un vero attentato – bisogna ammetterlo – a tutto il castello di raccomandazioni impartite per settimane, anche in maniera paternalistica, ansiogena, colorita e sopra le righe, ai cittadini, perché venissero rispettate le prescrizioni formulate dal Governo – soprattutto, il fondamentale “restare a casa” – per contrastare il diffondersi del contagio, che tanti cittadini stanno diligentemente attuando, anche in solitudine.
Nella bolgia dei commenti social, manco a dirlo, si sono subito create, con puntualità svizzera, le due fazioni, innocentisti e colpevolisti; ed è partito in un nanosecondo l’immancabile caleidoscopio di accuse e giustificazioni, nonché la presa di posizione ufficiale di opposizione e maggioranza. A sera, Tutolo ha chiesto scusa; e scusa, successivamente, ha chiesto anche l’assessore Vincenzo Checchia, presso la cui abitazione si sarebbe tenuto il pranzo domenicale.
Per la cronaca, si è anche scatenata una sanguinosa schermaglia con un paio di parlamentari grillini eletti in Capitanata, ringalluzziti dalle difficoltà in cui Tutolo, che li aveva attaccati, si era auto spedito. Insomma, una bella domenica delle Palme e un inizio di settimana santa niente male, dalle nostre parti.
Ma, al di là di quanto successo, peccato grave o veniale, in base allo schieramento, forse, Antonio Tutolo non avrebbe dovuto buttarsi nello sciopero della fame, una scelta, a nostro modo di vedere, istintiva e discutibile, in questa circostanza. La protesta, a cui lui credeva, andava praticata con altri percorsi, perché un sindaco, che guida una comunità, nel corso di una grave emergenza sanitaria, che sta snudando aspetti drammatici sul piano socio economico per diversa gente, e che richiede estremo impegno, deve agire nel pieno delle forze fisiche e mentali; deve concedersi, a sera, momenti sereni in famiglia, stemperando la tensione (bene, se questo rilassa, preparare i taralli, le zeppole, i pizze palumbe, la pizza e quant’altro possa uscire dal forno della cucina del primo cittadino) e ricaricarsi per essere pronto, è auspicabile con toni diversi e maggiore umiltà, a incoraggiare, ogni giorno, la cittadinanza, chiamata, non dimentichiamolo, a compiere enormi sacrifici, sconosciuti alle ultime generazioni. Altro che fare lo sciopero della fame e dormire su una branda in Comune, aggiungendo così stress ad altro stress. Nessuno è di ferro, neanche Tutolo.
La battaglia, ovviamente, va avanti, senza sosta; l’emergenza continua con tutto il suo carico di quotidiana pesantezza, resa ancora più dura dal pensiero della Pasqua che arriva; un giorno, quest’anno, da periodo bellico, che tanti passeranno da soli, perché convinti che restare a casa sia sempre la strada maestra che porta all’uscita dal tunnel. E’ necessario, perciò, che non passi nessun messaggio sbagliato. Non bisogna abbassare la guardia, infatti; non si deve arretrare di un solo millimetro. Non bisogna mollare, e deve valere per tutti, perché l’epidemia provoca ancora tante vittime; il contagio non si arresta. Il coronavirus deve imbattersi nella volontà ferrea e nella strenua solidarietà di cittadini consapevoli, più di prima.
Proprio così, cittadini consapevoli e non soldatini ubbidienti. Che potrebbe essere una bella prospettiva, anche per la città che vedremo dopo. Stiamo a casa!
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