L’Italia del calcio passa per un’altra disfatta di portata storica; come quattro anni fa, gli azzurri non parteciperanno alla fase finale del mondiale. Il dramma nazionale è servito dopo i trionfi europei della scorsa estate; gli eroi di Wembley, oggi, sono in cima alla lista dei “traditori della patria”. Mancini come Ventura.
La partita con la Macedonia del Nord, a Palermo, play-off sulla strada di Qatar 2022, è stata il festival delle occasioni da goal fallite; i nostri attaccanti non sono stati in grado di buttarla dentro; mentre, gli ospiti, giocando all’italiana, con un solo tiro in porta hanno battuto un Donnarumma incerto. Le sconfitte patite a causa di avversari ritenuti inferiori alla vigilia sono tutte uguali per le grandi squadre (nel ranking Fifa l’Italia è al sesto posto, la Macedonia del Nord al sessantaseiesimo), lunghi e frustranti assedi con quel pallone che non entra, e poi capita la beffa che ti schianta.
“Non dovevamo neanche essere qui”, ha detto un Mancini affranto a fine gara, indirizzando la discussione sulla crisi in cui è precipitata la sua squadra dopo il trionfale europeo. La Nazionale, da settembre, ha perso la brillantezza e quel furore che hanno consentito di mettere insieme una serie da record di risultati positivi, riportando l’Italia, almeno per qualche mese, dalla periferia al centro del calcio internazionale e, addirittura, nella visione di qualcuno, incarnando la metafora di un Paese risorto dalle sue sofferenze sociali, economiche, sanitarie.
La Nazionale di Mancini non è stata un bluff e l’europeo è stato vinto meritatamente, anche con un po’ di fortuna, che però si coglie quando hai saputo creare le opportune condizioni. Il tecnico di Jesi rimane una delle personalità più eminenti del nostro calcio, perché è riuscito a conseguire risultati storici pur non avendo dei fuoriclasse a disposizione.
In questo lutto, tornano i soliti discorsi che si imbastiscono in occasione di ogni disfatta per riempire le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive: “bisogna riformare il sistema”, “dobbiamo ripartire dai vivai”, “troppi stranieri nel nostro calcio”, “la Nazionale schiacciata dagli interessi dei club”. Questa volta, come tutte le altre volte, nessuno potrà fare niente; perché il calcio che hanno voluto è una gigantesca costruzione economico finanziaria, governata da meccanismi ormai inattaccabili, che non si cura dei sentimenti, degli uomini bandiera e del reale senso della storia. Rimangono solo le lacrime di coccodrillo.
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