Riceviamo e pubblichiamo
Quando torno a Lucera, e ci torno spesso, mi prende la tristezza. Torno dalla regione dove lavoro e dove, con molta probabilità, si svolgerà la mia vita futura, avendo accettato l’idea che è possibile sentire come proprio un luogo diverso da quello in cui si è nati.
È una tristezza che, invece di scemare col tempo, aumenta, perché ogni volta sento di trovarmi in una città che sembra ferma e sospesa in una dimensione indefinibile. Le radici, quando non le dimentichi, ti comunicano sempre qualcosa, non ti lasciano nell’indifferenza, nel bene e nel male, anche se sei felice e realizzato altrove. I mali dai quali il nostro Sud fa fatica ad uscire sono tanti, e a saperlo sono in particolare coloro che hanno dovuto emigrare per trovare un futuro migliore, che significa un lavoro e magari la possibilità di farsi una famiglia.
Chi parte, lo fa perché è stanco di condurre un’esistenza senza le soddisfazioni commensurate alle proprie capacità, agli studi fatti, ai riconoscimenti conseguiti. Chi parte è capace di amare la sua terra come mai prima, proprio nel momento del distacco. Chi parte, tornando si augura di trovare cambiamenti, segnali che attestino una rinascita, un riscatto.
A Lucera, ci sono questi segnali? La realtà smentisce le speranze, purtroppo. Non mi pare si possano cogliere progressi e bisogna rammaricarsene. Ci sarà pure gente che umilmente si impegna, ma tante cose rimangono immutate, per stessa ammissione di quelli che qui risiedono. C’è sempre lo scempio di piazza Duomo, il viale che porta al Castello chiuso da anni per dei lavori interminabili, tutta l’area dello stesso Castello, da sempre, per niente curata e valorizzata, molte altre zone abbandonate e segnate da un certo degrado e dall’inerzia. E che dire dei miasmi che, mi dicono, si ripresentano puntualmente? Sono le cose che notano i forestieri, quelle che balzano subito agli occhi, sono le situazioni che danno l’idea del rapporto che esiste tra la città e chi ci vive ed opera.
Se è vero che l’Italia non se la passa bene, è anche vero che nessuno, oggi, chiede i miracoli. Perché non se ne possono fare. Allora, una città come Lucera, che sembra (sembra) ingrigita e spenta, al di là delle belle parole che tutti sanno dire, come può uscire da questa impasse? Spero di cominciare a vedere qualcosa di cambiato la prossima volta.
Un Lucerino