Link – analisi e proposte sull’Università fuori dalla pandemia

Questo editoriale nasce con lo scopo di analizzare il cambiamento e l’adeguamento dell’Università alla pandemia da Covid-19 con un’analisi ed un raffronto rispetto alla situazione pre e post pandemica.

L’analisi ha l’obiettivo di mostrare come l’università si sia adeguata a questo evento, in che modo sia riuscita ad assicurare un servizio adeguato a tutti gli studenti, ma soprattutto, come sia cambiato anche il modo di vivere i Dipartimenti rispetto alla didattica a distanza.

L’università è sempre stato un luogo di aggregazione, socialità e confronto, dove il contatto diretto con i docenti e tra la comunità accademica, stimolava lo studente a meglio interagire ed esporre le proprie idee in sede di lezione e a provare ad essere parte integrante della vita accademica tutta. Parimenti, l’università non è mai stata solo un luogo di formazione, ma diventava anche un luogo per misurarsi, in cui affrontare dibattiti, discussioni e scambi di idee tra persone che stanno affrontando lo stesso percorso di studio e che percepiscono, secondo un proprio metro di giudizio e di sensibilità, un approccio differente alle varie tematiche trattate. L’incontro degli studenti alle lezioni o nei corridoi, ha da sempre stimolato la socializzazione, la voglia di conoscere e di confrontarsi, tutte cose che con l’avvento della pandemia si sono affievolite.

Nel 2020 con l’arrivo del Covid-19, il D.P.C.M dell’8 Marzo del 2020 ha imposto la chiusura di ogni luogo di aggregazione, comprendendo anche scuole e università, impedendo gli spostamenti e qualsiasi altra attività non essenziale, e anche le attività didattiche furono sospese. In seguito, il Ministero dell’Università propose lo svolgimento della didattica a distanza, in modo da sopperire alla sospensione delle lezioni frontali che sarebbero ricominciate solo alla fine della pandemia.

In questo modo, ogni ateneo ha cercato di sviluppare dei sistemi di didattica online, generando scenari di profonda incertezza tra gli studenti, facendo emergere ulteriori bisogni materiali e accentuando le disparità sociali preesistenti.

Non tutti gli studenti, infatti, erano in possesso di un dispositivo per seguire regolarmente le attività didattiche da remoto e in alcune zone di residenza, soprattutto nelle aree interne, la connessione alla rete era poco efficiente o addirittura assente. Il digital divide è stato fortemente percepito in tempi di pandemia, in cui l’uso del digitale ha portato con sé una serie di problematiche.

L’Adisu Puglia, in attuazione della deliberazione della Regione Puglia n.783 del 26 Maggio 2020, ha stanziato fondi per erogare un bonus di € 500,00 sulla base di indici reddituali e di merito, per sopperire alla mancanza di strumenti digitali fondamentali nella didattica a distanza, permettendo a coloro che non erano in possesso di tali dispositivi di poterli acquistare.

Molte delle difficoltà succitate permangono tuttora, basti pensare alla difficoltà di connessione che in alcune aree del Paese permangono, così come la questione in sé del digital divide continua ad interessare fette di popolazione. La didattica a distanza, assieme alla permanenza obbligatoria nelle abitazioni, ha generato problemi di concentrazione nel seguire le lezioni in solitudine e da remoto e, in molti casi, si sono verificati casi di ansia, stress e depressione. Gli effetti della pandemia sulla salute mentale della comunità studentesca, infatti, sono stati pesanti e privi di risposte a livello nazionale o con misure, come il bonus psicologo, non bastevoli alle reali esigenze studentesche.

L’Università degli Studi di Foggia ha attuato misure come il Counseling psicologico che permette di usufruire di 4 sedute, più una di follow-up. È indubbiamente un servizio utile che però necessiterebbe di un’implementazione, tanto dal punto di vista dell’organico quanto di maggiore pubblicità dello stesso, ancora poco conosciuto da larga parte della comunità accademica. Come sindacato studentesco ci poniamo anche la questione di continuità rispetto al percorso intrapreso dopo le sedute messe a disposizione dell’Unifg e crediamo che sia necessario finanziare maggiormente il servizio con un piano di investimenti nazionale e locale.

I più colpiti sono stati coloro che hanno vissuto sia gli ultimi anni scolastici in dad e hanno proseguito gli studi universitari nella medesima modalità. D’altro canto chi già aveva vissuto a pieno le dinamiche universitarie, ha vissuto questo momento con un senso di alienazione. L’emergenza pandemica, paradossalmente, avrebbe potuto rappresentare uno spartiacque per la costruzione di un’università più attenta a determinati bisogni della comunità studentesca e porre le basi per una riforma del sistema universitario.

RITORNO IN PRESENZA: CHE FINIMONDO

Il ritorno in presenza in Ateneo, non è stato privo di problematicità, in particolar modo con l’inizio del nuovo anno accademico.

L’aumento dei corsi di laurea e delle relative immatricolazioni ha generato, fin dai primi giorni di lezioni, non pochi casi di sovraffollamento nelle aule di alcuni Dipartimenti, rivelatesi insufficienti a garantire lo svolgimento delle attività didattiche per tutti gli studenti oltre che per l’assenza delle minime norme di sicurezza. La questione degli spazi universitari non nasce ora, ma rappresenta un’emergenza che l’ateneo, con non poche difficoltà in merito, sta cercando di affrontare.

Le risposte, attualmente, non sono del tutto sufficienti. Nelle giornate organizzate dall’Ateneo sulla costruzione del Piano Strategico 2023-2025, è stato affrontato il tema dell’edilizia universitaria. I progetti presentati dall’Università degli Studi di Foggia sono molteplici: a partire dalla Caserma Miale, il riutilizzo del Conventino, la costruzione di un terzo polo per l’Area Medica e, infine, cercare una soluzione per gli edifici di Viale Virgilio che ospitano la sede del CdL in Scienze delle Attività Motorie e Sportive.

Seppur riconoscendo le complessità e le difficoltà di riorganizzare gli spazi di tutto un Ateneo, la tensione dell’amministrazione centrale non dovrebbe essere proiettata meramente al futuro, ma andrebbe affrontata anche la realtà odierna. Negli ultimi anni l’Università di Foggia ha visto un notevole incremento delle immatricolazioni, infatti ora rientra tra i medi atenei italiani, contando ben oltre 10.000 iscritti. Il principale motivo che ha portato ad una forte crescita delle immatricolazioni è dovuto all’apertura di nuovi corsi di laurea, molti dei quali ad accesso libero rispetto ad altri atenei che mantengono tuttora il numero chiuso.

Contemporaneamente all’aumento degli iscritti, gli spazi non sono aumentati, e ciò si ripercuote sulla comunità studentesca poiché in tali condizioni diviene complicato erogare una didattica adeguata. Una risposta che potrebbe venire spontanea per arginare il problema, sarebbe introdurre il numero chiuso per alcuni corsi di laurea, rischio che come sindacato studentesco intravediamo e che sarebbe un grave attacco al diritto allo studio per molti studenti e studentesse.

La presenza non basta a soddisfare neanche i bisogni di altre categorie di studenti. Pensiamo agli studenti lavoratori, i quali hanno il diritto sia di continuare il proprio lavoro, nella maggior parte dei casi unica loro fonte di reddito, sia di studiare e laurearsi, senza dover escludere l’uno o l’altro; così come agli studenti disabili, per i quali spesso i tempi di cura e delle lezioni coincidono, che in fase pandemica hanno potuto, contestualmente, usufruire delle lezioni registrate e provvedere alla loro salute.

I due anni di pandemia hanno aumentato, inoltre, le situazioni di povertà; gli studenti si trovano così a fronteggiare già delle spese esorbitanti legate al carovita, a cui si aggiungono anche quelle per gli studi. Permane, infatti, il costo elevato delle tasse universitarie e l’insufficienza delle borse di studio, dato che i criteri di calcolo non sono variati significativamente, non tenendo quindi conto della reale situazione economica di buona parte degli studenti e delle loro famiglie.

PROPOSTE: PIÙ CHIARO DI COSÌ NON C’ERA

Se durante la didattica a distanza l’aumento delle immatricolazioni non ha comportato specifiche difficoltà, con il termine dello stato di emergenza e il ritorno in presenza studenti e studentesse hanno fatto i conti con spazi insufficienti.

Per sopperire a tali mancanze strutturali, poiché non è possibile ricorrere a didattica a distanza o didattica integrata a seguito delle nuove indicazioni ministeriali, è possibile pensare a soluzioni alternative, come ad esempio la possibilità, già praticata in altre Università italiane in periodo pre-pandemia, di predisporre una divisione del numero degli studenti e studentesse, ad esempio per cognome A-M, N-Z in due o più o aule dove un gruppo di studenti segue con il/la docente in aula, mentre un altro gruppo è collegato in aula virtuale in un’altra aula, per evitare così il sovraffollamento in un’unica aula. Inoltre per promuovere l’interazione di entrambi i gruppi con i/le docenti è possibile prevedere una turnazione. Per il ritorno in presenza non si è tenuto conto a livello nazionale di specifiche esigenze.

La didattica a distanza ha rappresentato infatti un valore importante per alcune categorie di studenti e studentesse con disabilità, o malattie croniche invalidanti e invisibili, spesso non ancora riconosciute a livello nazionale (vulvodinia, endometriosi, fibromialgia, ecc…). Per queste categorie di studenti e studentesse con la didattica a distanza è stato possibile garantire il diritto allo studio potendo continuare a seguire le lezioni, sostenere esami, senza la necessità di doversi spostare con i mezzi non sempre idonei a specifiche esigenze, nonché di recuperare lezioni quando la salute impediva di seguirle in sincrono.

Se non è possibile mantenere la didattica a distanza o duale, si richiede da parte dei docenti e delle docenti un ascolto attivo delle specificità di queste categorie di studenti e studentesse, continuando per lo meno a garantire le registrazioni delle lezioni ed evitando di considerarli studenti non frequentanti e pertanto caricandoli di materiale di studio aggiuntivo. Anche per studentesse e studenti lavoratori sarebbe auspicabile che si adottasse la stessa metodologia, al fine di considerare l’Università un luogo realmente accessibile e inclusivo.

L’obiezione che spesso si rivolge è quella di ricorrere alle Università telematiche in caso di specifiche esigenze, ma questa constatazione è classista e non è in grado di osservare il fenomeno in prospettiva globale, poiché le Università telematiche, essendo private, sono anche costose e quindi insostenibili economicamente per alcune categorie di studenti e studentesse.

È necessario che il tema riguardante le esigenze delle studentesse e degli studenti universitari, analizzate in questo editoriale siano trattate approfonditamente a livello nazionale e locale. Il diritto allo studio universitario, in tutte le sue articolazioni, ha bisogno di essere più presente nel dibattito pubblico e le istanze degli studenti devono essere maggiormente ascoltate.

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