L’USB organizza una giornata di protesta all’INPS per il prossimo 21 gennaio, invitando tutti i lavoratori a rinunciare per quel giorno allo smart working recandosi a lavorare in presenza nella sede di lavoro.
L’iniziativa vuole evidenziare la mancanza di chiarezza dell’INPS, che considera l’attuale lavoro agile una modalità organizzativa volontaria e per questo non riconosce il buono pasto, il maggiore orario lavorato, mentre il lavoro da casa anche nell’attuale fase resta una misura necessaria per contrastare la diffusione del virus SARS-Cov-2 evitando di affollare le sedi.
Anche la ministra Fabiana Dadone ha contribuito ad alimentare la confusione stabilendo che dallo scorso 15 settembre il lavoro agile fosse una delle modalità ordinarie di svolgimento dell’attività lavorativa e non la principale, scaricando sulle singole amministrazioni la decisione di riconoscere o meno il buono pasto in smart working.
All’indecisione della politica e delle singole amministrazioni si sono aggiunte le accuse infamanti dei commentatori da salotto televisivo come Federico Rampini, Pietro Ichino, Massimo Cacciari e l’ex presidente dell’INPS Tito Boeri, pronti a mettere sul banco degli imputati i lavoratori pubblici accusati di aver utilizzato lo smart working in emergenza sanitaria per stare in vacanza a casa percependo l’intera retribuzione, mentre a loro dire avrebbero dovuto avere la retribuzione decurtata o essere messi in cassa integrazione.
Le lavoratrici e i lavoratori dell’INPS, già in numero inferiore di oltre il 10% rispetto al Fabbisogno stabilito, oltre al corrente lavoro ordinario hanno gestito un notevole picco di lavoro dovuto alle prestazioni Covid che l’Istituto è stato chiamato ad erogare, lavorando in condizioni disagiate, con un aggravio dei consumi delle utenze e, in tantissimi casi, dovendosi sobbarcare la spesa dell’acquisto di un computer portatile perché quelli a disposizione dell’INPS erano nettamente insufficienti.