Il Governa taglia i fondi ma al centro di accoglienza i servizi restano

Assistenza psicologica, assistenza legale, insegnamento della lingua italiana. Sono tre servizi fondamentali che il Centro di Accoglienza di Casa di Abraham e Sarah, della Fondazione Siniscalco Ceci-Emmaus, garantisce ai migranti in difficoltà del territorio di Capitanata. Tre servizi che, stando al Decreto Legislativo 20/2023 (Decreto Cutro) – convertito con la Legge 50/23 – sarebbero dovuti cessare a partire dallo scorso 1° ottobre 2023. Un “taglio” di Governo netto e pesantissimo per l’intera comunità che la Fondazione, a proprie spese, ha deciso di scongiurare, continuando ad assicurare la continuità di questi servizi senza dei quali verrebbe meno il senso e gli obiettivi del lavoro di accoglienza della Casa di Abraham e Sarah.

6 ore settimanali di assistenza psicologica; 4 ore settimanali di informativa legale e orientamento al territorio; 4 ore settimanali di insegnamento della lingua italiana. Queste, più precisamente, le attività che rischiavano di essere cancellate. Chi opera nel sociale sa bene che si tratta di servizi essenziali, se si vuole garantire un percorso di accoglienza che fornisca gli strumenti indispensabili a ogni accolto, questo anche considerato il contributo del TAI (Tavolo Asilo e Immigrazione) e del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (del quale la Fondazione è parte) relativo ad alcuni punti critici della riforma apportata dal DL 20/23.

L’inclusione parte dalla conoscenza della lingua e della cultura del territorio – dichiara Antonio De Maso, direttore della Fondazione Siniscalco Ceci-Emmaus – ed è una visione miope quella di ritenere che si possa fare accoglienza senza questi servizi basilari. Inoltre – aggiunge De Maso – per rispondere all’emergenza umanitaria di queste settimane, la Fondazione ha deciso di promuovere un progetto per la sensibilizzazione delle famiglie del territorio che porti all’affido dei minori stranieri non accompagnati, che sempre di più stanno arrivando nel nostro Paese. Una scelta coraggiosa e anche un po’ controcorrente, alla luce della narrazione che oggi si fa sul tema dell’accoglienza. Non possiamo tirarci indietro ora – conclude – soprattutto perché queste erano le intenzioni delle benefattrici, Maria de Vargas Machuca e Anna Maria Ceci, le quali con il lascito dei loro beni hanno voluto avviare opere di assistenza a persone in difficoltà, specialmente ai più giovani”.

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