La Corte costituzionale svuota la riforma sull’autonomia differenziata, la legge firmata dal ministro degli Affari regionali, il leghista Roberto Calderoli, che detta il quadro normativo degli accordi tra Stato e Regioni a statuto ordinario per la cosiddetta devolution di competenze su 23 materie, tra cui la tutela della salute. Decidendo sui ricorsi presentati da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, la Consulta ha ritenuto infondata la tesi dell’incostituzionalità dell’intero provvedimento, ma ha giudicato illegittimi sette aspetti centrali.
“Il decreto Calderoli è stato completamente smontato dalla Corte Costituzionale, pezzo per pezzo. Sono particolarmente soddisfatto perché la Corte ha ribadito che l’articolo 116 comma 3 della Costituzione deve comunque essere orientato all’efficientamento del sistema politico delle regioni, ma non può violare l’unità dello Stato e il principio di solidarietà. La legge Calderoli sostanzialmente non esiste più, alla luce delle nostre aspettative, la vittoria della Regione Puglia e delle altre regioni (Toscana, Sardegna e Campania ndr) che avevano proposto ricorso alla Corte Costituzionale, è una vittoria direi totale che ripristina il rispetto della Costituzione, il principio dell’unità della Repubblica e soprattutto il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, connesso alla solidarietà che ciascun italiano deve a tutti gli altri”. Lo dichiara il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. La Puglia è stata la prima Regione a ricorrere alla Corte Costituzionale contro la Legge Calderoli.
Per il presidente Emiliano la Corte Costituzionale ha condiviso le tesi delle regioni ricorrenti Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, sulla necessità che l’autonomia non può riguardare intere materie, ma solo funzioni legislative e amministrative il cui trasferimento deve essere giustificato per ogni singola singola regione.
È incostituzionale aver messo nelle mani del governo la determinazione dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali, in mancanza di idonei criteri direttivi, così limitando il ruolo costituzionale del Parlamento.
È incostituzionale che debba essere un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep.
E pertanto è incostituzionale ricorrere alla procedura prevista dalla Legge di Bilancio per il 2023 per la determinazione dei Lep mediante un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La Corte ha interpretato in modo costituzionalmente orientato le altre previsioni della legge nel senso voluto dalle Regioni ricorrenti, in quanto una legge che attribuisce l’autonomia non può essere di mera approvazione dell’intesa tra il Governo e la singola regione, ma deve consentire alle Camere di emendarla con conseguente obbligo di rinegoziazione. La distinzione tra le materie “LEP” e “non LEP” va intesa nel senso che se una materia è considerata “non LEP” i trasferimenti dallo Stato alla Regione non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti diritti civili e sociali.
Le risorse destinate alle funzioni trasferite non potranno essere determinate sulla base della spesa storica.
Infine, dovrà essere il Parlamento a riscrivere la legge in conseguenza dei vuoti derivati dall’accoglimento delle questioni sollevate dalle Regioni ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali.
La Corte è sempre competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi che potranno attribuire l’autonomia alle singole regioni qualora venissero censurate dalle altre regioni sia in via principale che in via incidentale.